06 febbraio 2008

sull'origine e sul fine della vita

Prendo spunto da un articolo: circa 8 anni fa fu scoperto ad 1 km di profondità nell'oceano Atlantico centrale un campo idrotermale cioè una zona di risalita di sorgenti idrotermali, provenienti dalla crosta oceanica, che generano, in tempi lunghi ma non geologici, i cosiddetti camini neri. Nulla di particolare, questi campi sono abbastanza frequenti sui fondali oceanici; se non che questo qui ha una caratteristica singolare: in quell'ambiente gli idrocarburi si formano ad un ritmo mai visto prima. E la cosa non deve far pensare al petrolio o a cose simili, ma all'origine della vita; per essere più esatti, ad una ipotesi endogena terrestre.
Osservare per la prima volta un ambiente marino (la vita sulla Terra è iniziata, e per circa 3 miliardi di anni c'è anche rimasta confinata, nel mare) che possa avere quelle caratteristiche finora ipotizzate apre scenari molto eccitanti.
Ancora non si sa se la vita, intesa proprio come prime molecole organiche, idrocarburi ma anche aminoacidi, si sia formata sulla Terra o possa aver visto un'origine 'cosmica' e poi esser giunta sul nostro pianeta per il tramite ad es. di una cometa. Figurarsi quindi se un ambiente mai osservato prima sulla Terra con siffatte caratteristiche non possa essere considerato, almeno in prima ipotesi, quale originario della vita.
Ma vorrei far notare anche un altro scenario, vera ragione di questo post. Assumiamo per un momento che questa ipotesi sia vera; che siano trovate tutte le prove che portino a dimostrare che sì, la vita sulla Terra si è formata in questo modo, in un ambiente del tutto simile.
La grande questione che divide scienza e fede è se considerare il tutto avente un'origine casuale o divina, di un'assenza o di una presenza di un disegno e, di conseguenza, di un fine.
Tutto il resto che apparentemente le divide, per dirla con linguaggio da blogger, è fuffa.
Tornando ai campi idrotermali, argomento del contendere non è né sarà, nel caso questa ipotesi prenderà piede, se la vita si è formata lì grazie all'ambiente molto favorevole agli idrocarburi, ma se questa ipotesi faceva oppure no parte di un disegno più generale. Qui sta l'essenza dello scontro di pensieri diversi.
Ad esclusione dell'origine della vita, finora spiegata solo dalla fede ma non dalla scienza, la storia della vita sulla Terra ha come argomento del contendere la sola questione derivante dal suo fine. E non, come si è portati in genere a credere, dal percorso fatto. Questo percorso, l'evoluzione delle specie, è accettato anche dalla fede che da tempo ha abbandonato la visione fissista derivante da Aristotele.
Attualmente si sta assistendo ad una riformulazione di quanto già detto nel recente passato da parte della fede e dei suoi rappresentanti avente più caratteristiche di difesa che non di nuove interpretazioni alla luce delle nuove scoperte. Quasi che, avendo esauriti gli argomenti, si stia tentando di negare quanto invece è stato accettato (intendiamoci, accettato sì ma perché, purtroppo, incontrovertibile). Ecco che le posizioni che piano piano stanno prendendo piede sotto il papato di Benedetto XVI sono ante Pio XII.
L'incontrovertibilità dell'evoluzione implicherebbe
infatti l'accettazione della casualità; la storia evolutiva insegna che non può esistere niente tranne il caso che favorisce alcune forme al posto di altre (se volete, per farvi un'idea e soddisfare qualche curiosità andate a scoprire qualcosa sulle faune di Ediacara e su quelle delle argilliti di Burgess). Un disegno 'evolutivo' che avesse regolato fin dall'inizio la vita sulla Terra non potrebbe cioè aver previsto un'enormità di sprechi di progetti di vita per arrivare finalmente al nostro dominio (e rendere semplice storia da ripassare i domini precedenti e storia inesistente quelli futuri).
Ma accettare che la vita sia indirizzata dal caso negherebbe un qualsiasi fine alla vita stessa.
Al di là della scelta che ciascuno si può porre davanti, trovare questi argomenti stimolanti per un arricchimento reciproco o infastidenti o addirittura blasfemi rispettivamente danno o negano una possibilità di reciproco riconoscimento per una pacifica convivenza.

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