27 luglio 2009

il bello e il brutto: Dublino e SF

Bad things
Le file da giudizio universale ai controlli sicurezza dell'aeroporto di p...merda. Avvallamento sulla pista e conseguenti ritardi medi di 3 ore sono l'accoglienza ricevuta all'arrivo. Siamo passati solo perché a voce qualcuno ben oltre l'orario di partenza ha berciato Dublino, per Dublino a destra. Una volta dentro sul tabellone si è scoperto che eravamo già alla last call; chi ha visto il primo avviso di imbarco è stato bravo.
Vedere che siamo in pochi ad aver rispettato le dimensioni per il bagaglio a mano. Certi mostri di valigia che parevano il doppio del mio.
La stanza al guest house faceva pena, vivibile solo perché ero da solo.
Finire inevitabilmente in O'Connell Street. Qualsiasi meta uno abbia.
Scoprire che la Oyster beer bevuta è fatta anche con l'acqua delle ostriche la ha resa ancora più schifosa di quel che mi era sembrata.
Voler risparmiare quei 5-4-3-2 euro sul mangiare e insistere dentro Temple Bar per ore.
Il mal di schiena e il mal di piedi. Ma soprattutto il mal di schiena. Domenica ho odiato le strade acciottolate di Temple Bar come difficilmente ho odiato qualcosa.
Non riconoscere il terminal partenze dell'aeroporto mentre l'autobus si ferma, farlo proseguire per poi far mente locale che non necessariamente doveva fermare nello stesso punto in cui lo presi all'arrivo, visto anche che il 41 non fa capolinea all'aeroporto e che stava proseguendo oltre.
La faccia dell'autista all'accorato appello del tipo Excuse me, I've lost my bus stop, it was the airport... mi ha dato il pieno senso del mio sconforto.
Fare il volo di ritorno con lo steward che annuncia al pubblico che o viene fuori chi ha fumato in bagno o saranno costretti a trattenere tutti i passeggeri fino all'arrivo della polizia. Casualmente l'annuncio è stato fatto solo in italiano.

Good things
L'ospitalità di mrs. Catherine compensava alquanto le possibilità di alloggio. Fantastiche le sue facce quando a colazione le dicevo che volevo solo caffè e pane tostato (latte, burro e marmellate erano già sul tavolo). Insomma, mi vedeva troppo magro e non si capacitava che non mangiassi le sue sausages. Ma io quello che prendevo in una mattina lo mangio in genere a casa in una settimana. Il secondo giorno ha tenuto a precisare che potevo chiederle tutto il pane tostato che volevo. Il terzo giorno ne ha portato di più di sua iniziativa.
Il vento di Dublino. Anche se freddo, anche se ha scatenato un po' di nevralgia, è comunque un vento salvifico.
Il Croke Park.
Vedere una vera organizzazione con centinaia di stewards per gestire l'afflusso e poi il deflusso del pubblico. Non azzardatevi a correre che venite ripresi contemporaneamente da 10 guardie.
Non azzardatevi ad attaccare briga con qualcuno per il pigia pigia perché non avrete la possibilità di finire qualunque frase più o meno offensiva: gli stewards di prima ti piombano addosso e in 2 secondi ti spiegano che o stai calmo o vai fuori.
Il pit.
Essere nel pit.
Sapere di essere nel pit già verso le 12 perché, anche se i cancelli apriranno alle 16,30, la fila comunque veniva fatta scorrere piano piano per far riempire il piazzale antistante lo stadio e all'ingresso di questo vedersi mettere un timbro sulla mano.
Vedere Numero6 che zompa allegramente sulla versione tamarra di Crazy tonight. Alla seconda serata gli è pure sfuggito un: ma sì, ma va bene così.
Gli ululati fatti insieme sul ritornello di IALW durante la seconda serata.
Sentire un breve snippet di Rock the casbah dei Clash alla fine di Sunday Bloody Sunday.
Trovarsi in un pub verso le 14 e venire a sapere che uno del gruppo ha due biglietti del prato ancora da sistemare per la seconda data, cioè per le ore 21. Avere uno sconto e farsi pure il concerto di sabato.
Passare parte del secondo concerto accanto ad una coppia di ubriaconi irlandesi, con lui che nasconde una bottiglietta di whiskey, lei che da quanto è ciucca si allontana per andare a vomitare e tornare più contenta di prima. Hanno tenuto a precisare che erano dei veri irlandesi, e soprattutto non dublinesi. Tutto il mondo è paese, si vede.
Passare by night sopra Parigi nel volo di ritorno.
Il ragazzo, sfortunatamente tedesco, che stava nella fila accanto alla nostra durante l'attesa per l'apertura dei cancelli di venerdì. Il suo viso e i suoi occhi. Starsene per almeno 4 ore appoggiato alla transenna che ci separava. Ma si sa, il mal di schiena mi prende facilmente e ho bisogno di appoggiarmi.
Assistere al secondo concerto, quello di sabato, sotto la pioggia. The Unforgettable Fire sotto la pioggia, un'antitesi da urlo.
Chiedersi se dopo il concerto di venerdì 24 abbia un senso mantenere il proprio nick BadFire sul newsgroup di IFMU2. Ma la questione non ha poi importanza, vista la naturale fine a cui sono andati incontro i newsgroup.
Andare in pellegrinaggio in Windmill Lane e agli Hannover Studios.
Ermanno, Claudio, Lele, Paolo e Alberto.

Haute Categorie
Vedere The Edge che alza lo sguardo dalla tua parte e sorride. E innamorarsi, di nuovo, di quel volto.
Avere Bono che ti cammina sulla passerella che sta girando sulla tua testa quando inizia a cantare Until.
Until
The Unforgettable Fire
Bad
Ultraviolet
Tutte nella stessa set list del 24 luglio per il miglior concerto a cui abbia mai assistito.
Doversi dire che no, non posso esprimere un giudizio, prima devo decantare quanto ho visto e ascoltato.

5 commenti:

Francesca ha detto...

che meraviglia! che meraviglia!!! beato te.:***

Anonimo ha detto...

Until
The Unforgettable Fire
Bad
Ultraviolet

Ecco, basta questo :)
Brain

Anonimo ha detto...

sto ancora godendo.

e piangendo

grazie a tutti :)


lele

chiaratiz ha detto...

se posso dire, the edge è immenso

SacherFire ha detto...

di più, chiaratiz, ancor di più ;-)