La cosa che mi ha colpito, e preoccupato, di più nei 3 mesi che sono stato allo sportello è stata il vedere tutti questi giovani 19enni, ragazzi e ragazze, accompagnati dai genitori. Una proporzione di almeno 3 su 4. Sia al momento di prendere informazioni, sia al momento di ritornare per immatricolarsi.
Mi ricordo che quando andai da solo a immatricolarmi (a 19 anni ero veramente imbranato), e negli anni successivi tutte le volte che andavo in segreteria, gli studenti accompagnati dai genitori erano veramente pochi, li notavi subito e la cosa veniva percepita come una stranezza. L'università era vista, molto più di ora, come un traguardo dell'intera famiglia, non solo dello studente. Ma tranne eccezioni il resto della famiglia arrivava a metterci piede, come ad es. nel mio caso, il giorno della laurea, non prima.
Stando dall'altra parte del vetro, in qualche caso isolato (un paio in realtà) mi è parso che il passo dell'immatricolazione fosse vissuto come un traguardo familiare, e col desiderio da parte di babbo e mamma (e studente) di vivere questo momento tutti insieme.
In casi un po' più numerosi mi è parso che i genitori fossero lì più per capire se il figlio venisse trattato bene ma soprattutto non venisse preso in giro. Frequente infatti il caso in cui il futuro studente è venuto da solo a prendere informazioni e dopo pochi giorni coi genitori a immatricolarsi, i quali rifacevano puntualmente le stesse domande su didattica, riduzione tasse e quant'altro, pronti a cogliere la mezza parola diversa rispetto a quanto detto al figlio.
I casi più numerosi sono stati quelli dove il mio sospetto (quasi una certezza) è che la famiglia non ritiene ancora i propri figli capaci di compiere da soli passi come questi. Sì, un accompagnamento dovuto alle riconosciute incapacità a responsabilizzarsi (quasi un cane che si morde la coda). Una condizione quasi da mentecatti che l'amore (?) materno e paterno mitiga ma che al tempo stesso nutre.
Già vedo nel mio immaginario delirante, alle prime difficoltà dovute allo studio e agli esami, genitori che vanno dai professori a cantargliene quattro perché il bimbo o la bimba non ha superato l'esame. Non sapendo, poveri noi, che queste lauree triennali hanno notevolmente aumentato la facilità degli esami.
Un quadro che personalmente mi ha lasciato basito. Visto e giudicato più coi miei occhi, e ricordi, da 19enne che di oggi. E sono conscio che nel ribadire quanto scritto dopo averci pensato un po' non do molte possibilità ad una società che prende direzioni completamente devianti.
Ma si sa, il bimbo ci teneva tanto ad andare all'università, è che quel professore di meccanica razionale è stato veramente un delinquente nel bocciarlo. Ed io non ho potuto fare a meno di denunciarlo. Caro, mi fai questo calcolo per favore? 7+12? Aspetta babbo, che prendo la calcolatrice!
Mi ricordo che quando andai da solo a immatricolarmi (a 19 anni ero veramente imbranato), e negli anni successivi tutte le volte che andavo in segreteria, gli studenti accompagnati dai genitori erano veramente pochi, li notavi subito e la cosa veniva percepita come una stranezza. L'università era vista, molto più di ora, come un traguardo dell'intera famiglia, non solo dello studente. Ma tranne eccezioni il resto della famiglia arrivava a metterci piede, come ad es. nel mio caso, il giorno della laurea, non prima.
Stando dall'altra parte del vetro, in qualche caso isolato (un paio in realtà) mi è parso che il passo dell'immatricolazione fosse vissuto come un traguardo familiare, e col desiderio da parte di babbo e mamma (e studente) di vivere questo momento tutti insieme.
In casi un po' più numerosi mi è parso che i genitori fossero lì più per capire se il figlio venisse trattato bene ma soprattutto non venisse preso in giro. Frequente infatti il caso in cui il futuro studente è venuto da solo a prendere informazioni e dopo pochi giorni coi genitori a immatricolarsi, i quali rifacevano puntualmente le stesse domande su didattica, riduzione tasse e quant'altro, pronti a cogliere la mezza parola diversa rispetto a quanto detto al figlio.
I casi più numerosi sono stati quelli dove il mio sospetto (quasi una certezza) è che la famiglia non ritiene ancora i propri figli capaci di compiere da soli passi come questi. Sì, un accompagnamento dovuto alle riconosciute incapacità a responsabilizzarsi (quasi un cane che si morde la coda). Una condizione quasi da mentecatti che l'amore (?) materno e paterno mitiga ma che al tempo stesso nutre.
Già vedo nel mio immaginario delirante, alle prime difficoltà dovute allo studio e agli esami, genitori che vanno dai professori a cantargliene quattro perché il bimbo o la bimba non ha superato l'esame. Non sapendo, poveri noi, che queste lauree triennali hanno notevolmente aumentato la facilità degli esami.
Un quadro che personalmente mi ha lasciato basito. Visto e giudicato più coi miei occhi, e ricordi, da 19enne che di oggi. E sono conscio che nel ribadire quanto scritto dopo averci pensato un po' non do molte possibilità ad una società che prende direzioni completamente devianti.
Ma si sa, il bimbo ci teneva tanto ad andare all'università, è che quel professore di meccanica razionale è stato veramente un delinquente nel bocciarlo. Ed io non ho potuto fare a meno di denunciarlo. Caro, mi fai questo calcolo per favore? 7+12? Aspetta babbo, che prendo la calcolatrice!
4 commenti:
Curiosamente, ho letto ieri un ariticolo dell'Observer intitolato "Cosa succede ai genitori inglesi?", che faceva le stesse domande che fai tu e che si fanno in molti della nostra generazione.
Sembra un tratto comune dei genitori nati nel benessere, ad ogni latitudine.
Noi no, sia chiaro.
Gli abbiamo pagato il biglietto del treno e la rata di iscrizione.
Per il resto cavoli suoi.
In effetti, però, lo scenario è devastante.
a parte che sarebbe stato impensabile, ma soprattutto, pensando a scene del genere, mi sarei sentita una merda...
AmicaN
Comunque il problema è proprio quelo. Ed è lo stesso meccanismo che fa sì che i genitori tengano i pargoli nel passeggino fino ai sei anni. Ai tempi nostri, almeno qui a Milano, verso la seconda o terza superiore eravamo noi ad occuparci di tutto quanto concernesse la scuola in prima persona. Fino ai 18 anni c'era il problema della firma delle giustificazioni per assenza o entrata in ritardo, poi basta. Andavamo ai consigli di classe, ai colloqui con gli insegnanti, ci occupavamo delle tasse e delle questioni burocratiche. Adesso spesso, i genitori si prendono cura dei pargoli ormai vent'enni come se fossero bambini.
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