08 aprile 2007

cinici delirii

Per giorni non ho scritto nulla sul ragazzo suicidatosi in Piemonte. Per il semplice motivo che non mi veniva nulla da dire. E forse, ora che qualcosa in mente mi è venuto, dovrei continuare a starmene zitto. Non so, giudicate voi, con sguardo colmo di amara ironia o di finto scandalo per via che non si scrivono certe cose.

Se lo zio prete all'omelia ha detto che non bisogna colpevolizzare nessuno per la sua morte, delle due una: o lo ha detto per istigare (perché voltare le spalle ad un problema come questo significa compiere una scelta che ha gli stessi effetti dell'istigazione pura e semplice) o in realtà questo non è stato un vero suicidio. In fin dei conti non c'è stata nemmeno uno straccio della consueta polemica sui funerali in chiesa sì o no. Perché al ragazzo sì e a Welby no? fino a prova contraria il gesto finale lo ha compiuto il primo, non il secondo. Forse è meglio mi legga il diritto canonico, troverò senz'altro una spiegazione.

La netta separazione, nelle dichiarazioni anche polemiche seguite alla notizia del suicidio, tra bullismo generico e bullismo rivolto agli omosessuali ha la sua ragione di esistere. Il secondo porta dentro di sé non quella che vorremmo essere un'aggravante penale (e che ancora non viene riconosciuta) ma una semplice e pura motivazione. Alcune azioni, di per sé esecrabili, hanno ragione di essere compiute se supportate da un vero e proprio motivo. Al contrario, un bullismo generico, di bassa Lega per intenderci, va condannato per via dei futili motivi (aggravante prevista, questa sì).

L'aver dato una scorta al vescovo di Genova per via della scritta 'Bagnasco vergognati' (probabile risposta alle sue dichiarazioni sui Dico, pedofilia, incesto e chissà cos'altro è stato messo nello stesso calderone) e il non aver dato una scorta, o almeno una pattuglia di sorveglianza, alla libreria Babele di Milano per via delle scritte sulle vetrine 'Froci al muro', 'Gay raus', condite da asimmetriche (ommioddio che mancanza di stile!) svastichette ha la sua ragione di esistere. Pedagogica. Per i preti, non per i gay. Ché, non lo avete capito? Io Stato, mettendo una scorta al vescovo, sto dicendo a lui che sarà controllato, povero lui. I gay, si sa, ce la faranno da soli, come da sempre nella stragrande maggioranza delle società umane; son sempre felici, lo dice la parola stessa, non faranno mai del male.

Ma su tutto, il suicidio di Marco, Matteo o come si chiama il ragazzo (forse Marco era il nome di fantasia dato inizialmente visto che era minorenne) mi dà un forte senso di gelosia.
Oh sì. Sono maledettamente geloso. Non di lui, non lo conoscevo. Ma della sua scelta. Ha avuto coraggio il bimbo. Perché le sue normali aspettative di felicità non le ha sostituite col contentino di una misera vita spezzata. Vivere senza una parte di sé stessi è un sopravvivere, nulla di più. Se non si ha la forza di reagire, molto meglio così.
Ché non ci vuole mica poi molto a spezzare una vita ad una persona, figuriamoci ad un adolescente. Per i più bastano le parole. Qualcuno, incredibile a come ci siano persone del genere, resiste. E allora arriva la prima botta. Giusto un assaggio, giusto per vederne la reazione. Et voilà, qui si compie una scelta obbligata, forzata. Se non reagisci, bello, l'hai avuta, perché non si fermeranno più. Legge del branco. Mi sa che in molti direbbero che è pure naturale. Infatti la società umana ha come istituto fondante il branco mica quella cosa chiamata famiglia.

L'unico rammarico che ho, in questo periodo storico di crisi energetica per giunta, è che per dare contro ad un solo frocio, o supposto tale che sia, si impiegano tante di quelle energie che, con una banale ottimizzazione del processo, basterebbero per farne fuori a dozzine. E' l'unica cosa che chiedo, anche se sono frocio riconoscetemi questa cosa: un colpo e via, e pure senza preavviso. Bastone o colpo di pistola. Che liberazione.
Per me, inteso.

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