Facendo in ufficio sempre più raramente dei rendiconti, ormai antico motivo della mia assunzione, ecco che quando ne concludo uno mi ritrovo a provare quelle sensazioni che fino a circa un anno e mezzo fa erano più frequenti.
Come ultima fase del lavoro, dopo aver raccolto, verificato, corretto e prodotto documenti, e ripetuto più volte lo stesso iter, ecco che c'è il momento della timbratura. Solo sui documenti originali non si appongono timbri, ma un rendiconto è fatto per il 95% di fotocopie. Su molte di esse i timbri possono essere di più. In realtà non tutti vengono apposti proprio l'ultimo giorno, ma quello è il momento in cui si verifica dove mancano.
Nel giro di mezz'ora oggi pomeriggio ho apposto, del solo timbro della società, 516 timbri (contati). Ogni volta che mi ritrovo in questo momento ecco che mi torna in mente Charlie Chaplin e i suoi Tempi Moderni. Novelle catene di montaggio che spersonalizzano, che per essere portate a termine costringono la mente ad annuvolarsi, per non pensare a niente se non alla giusta apposizione del timbro.
Eppure è anche il momento che precede la fine del lavoro. Un respiro lungo; tre mesi di lavoro che giudico a seconda delle sensazioni che ricevo da questo respirare finale. Dove trovo la mia soddisfazione non per sapere di aver fatto un lavoro che sarà giudicato ottimo, non esiste il rendiconto ottimale - lo dico per esperienza, ma per essere pienamente conscio che meglio di così non si poteva fare.
Un respiro dove si acquieta il mio consueto disordine e prende il sopravvento la mia necessità di ordine interiore.
Come ultima fase del lavoro, dopo aver raccolto, verificato, corretto e prodotto documenti, e ripetuto più volte lo stesso iter, ecco che c'è il momento della timbratura. Solo sui documenti originali non si appongono timbri, ma un rendiconto è fatto per il 95% di fotocopie. Su molte di esse i timbri possono essere di più. In realtà non tutti vengono apposti proprio l'ultimo giorno, ma quello è il momento in cui si verifica dove mancano.
Nel giro di mezz'ora oggi pomeriggio ho apposto, del solo timbro della società, 516 timbri (contati). Ogni volta che mi ritrovo in questo momento ecco che mi torna in mente Charlie Chaplin e i suoi Tempi Moderni. Novelle catene di montaggio che spersonalizzano, che per essere portate a termine costringono la mente ad annuvolarsi, per non pensare a niente se non alla giusta apposizione del timbro.
Eppure è anche il momento che precede la fine del lavoro. Un respiro lungo; tre mesi di lavoro che giudico a seconda delle sensazioni che ricevo da questo respirare finale. Dove trovo la mia soddisfazione non per sapere di aver fatto un lavoro che sarà giudicato ottimo, non esiste il rendiconto ottimale - lo dico per esperienza, ma per essere pienamente conscio che meglio di così non si poteva fare.
Un respiro dove si acquieta il mio consueto disordine e prende il sopravvento la mia necessità di ordine interiore.
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