Quando in pubblico succede qualcosa che ci dà fastidio è facile trasformarsi in ipocriti.
I dati sui redditi imponibili ai fini Irpef sono dati pubblici. Non sto ora a sindacare se sia giusto o meno, ne accennerò più avanti. Dico solo che chiunque può recarsi ad una sede dell'Agenzia delle Entrate, o presso il proprio comune di residenza, e chiedere di visionare i dati. Chi in questi giorni si sta stracciando le vesti in nome e per conto di un diritto alla privacy vuole distinguere tra pubblicità dei dati e loro accessibilità.
Perché sì, sembra che sia possibile un distinguo del genere. Secondo alcuni il reddito è un dato pubblico ma non accessibile. Il senso di questo forse sta nel fatto che solo l'autorità pubblica può accedervi per farne controlli, presumo. Questa non accessibilità però cozza proprio contro la possibilità che c'è (c'era?) di consultazione.
Insomma, qui è bastato cambiare il mezzo di accesso per far gridare allo scandalo qualcuno. Chi urla in questi giorni non vuole che sia possibile far sapere quanto i contribuenti denunciano. Non quanto guadagnano, ma quanto denunciano. Anche la mia, ma non solo, distinzione non è affatto banale. Sapere se e per quanto un cittadino contribuisce alla vita di una società è utile.
Il sospetto, e trattandosi di Italia è giusto un eufemismo quello che uso, è che chi vuole non far conoscere la propria denuncia abbia qualcosa da nascondere agli altri. Tanto poi qualcun altro pagherà.
Io sono solo uno di quegli altri che tanto poi pagano. Rendere protetti certi dati serve anche a non far sapere ufficialmente che quelli come me sono proprio tanti. E' anche questo che spaventa. Non l'anonima sequestri che non si interessa delle denunce ma dei guadagni, quelli reali. Quelli che neanche con dati pubblici e accessibili saranno mai disponibili.
I dati sui redditi imponibili ai fini Irpef sono dati pubblici. Non sto ora a sindacare se sia giusto o meno, ne accennerò più avanti. Dico solo che chiunque può recarsi ad una sede dell'Agenzia delle Entrate, o presso il proprio comune di residenza, e chiedere di visionare i dati. Chi in questi giorni si sta stracciando le vesti in nome e per conto di un diritto alla privacy vuole distinguere tra pubblicità dei dati e loro accessibilità.
Perché sì, sembra che sia possibile un distinguo del genere. Secondo alcuni il reddito è un dato pubblico ma non accessibile. Il senso di questo forse sta nel fatto che solo l'autorità pubblica può accedervi per farne controlli, presumo. Questa non accessibilità però cozza proprio contro la possibilità che c'è (c'era?) di consultazione.
Insomma, qui è bastato cambiare il mezzo di accesso per far gridare allo scandalo qualcuno. Chi urla in questi giorni non vuole che sia possibile far sapere quanto i contribuenti denunciano. Non quanto guadagnano, ma quanto denunciano. Anche la mia, ma non solo, distinzione non è affatto banale. Sapere se e per quanto un cittadino contribuisce alla vita di una società è utile.
Il sospetto, e trattandosi di Italia è giusto un eufemismo quello che uso, è che chi vuole non far conoscere la propria denuncia abbia qualcosa da nascondere agli altri. Tanto poi qualcun altro pagherà.
Io sono solo uno di quegli altri che tanto poi pagano. Rendere protetti certi dati serve anche a non far sapere ufficialmente che quelli come me sono proprio tanti. E' anche questo che spaventa. Non l'anonima sequestri che non si interessa delle denunce ma dei guadagni, quelli reali. Quelli che neanche con dati pubblici e accessibili saranno mai disponibili.
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